COMUNICATO STAMPA
Piano di controllo della volpe ATC-LT2: gli ambientalisti chiedono la sospensione del piano
I delegati ambientalisti dell'assemblea dell'ATC-LT2 Paola Marcoccia (Legambiente “Serra Andresone” Monte San Biagio) e Marcello Rosario Caliman (Sezione di Italia Nostra Golfo di Gaeta ) e con il sostegno dell'ENPA (Ente Nazionale Protezione Animali), manifestano tutta la loro contrarietà al “Piano triennale 2018-2020 di controllo delle volpi” adottato dall'ATC-LT2. Le associazioni invieranno una lettera al Presidente della Regione Lazio, all'Assessore Agricoltura, Caccia e Pesca della Regione Lazio, all'ATC-LT2 (ambito territoriale di caccia) e all'ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) in cui evidenzieranno dettagliatamente tutti gli aspetti contrastanti con la legge e con la corretta gestione faunistica .
Il piano è attuato esclusivamente all’interno delle Aree di Rispetto Venatorio (ARV) e ha ricevuto il parere favorevole dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA). È importante sottolineare che il parere dell'ISPRA non può comunque mai sostituirsi alla Legge n.157 del 1992.
Nel Piano si dice che la caccia alla volpe è consentita nei mesi di gennaio, febbraio e marzo, in orario crepuscolare o notturno, con l’impiego del faro. Inoltre, nei mesi di aprile, maggio, giugno, luglio ed agosto, qualora gli interventi adottati non abbiano raggiunto concreti obiettivi e si sia constatata un’eventuale presenza di volpi con piccoli, si potranno attuare interventi sulla tana con l’impiego di cani specializzati. Si tratta di un'attività fortemente impattante per la fauna selvatica, poiché causerebbe un grave e prolungato disturbo biologico alle specie selvatiche impegnate nella fase di riproduzione, periodo tutelato dalle norme nazionali e dalla Direttiva Europea Uccelli.
La volpe è un predatore onnivoro estremamente adattabile, di cui attualmente è consentita la caccia dalla terza domenica di settembre al 31 gennaio (Art. 18 della Legge11 febbraio 1992, n. 157): che motivo c'è di cacciarle ulteriormente prolungando in questo modo, di fatto, la stagione venatoria?
La volpe fa parte della fauna selvatica che da sempre abita i nostri ambienti e risulta evidente che lo scopo del Piano non rientri tra quelli normativamente previsti (art 19 comma 2 della 157/92), bensì quello di eliminare un antagonista per l'avifauna di “Interesse venatorio” (fagiani e lepri immessi artificialmente sul territorio). I danni causati dalla volpe devono essere chiaramente comprovati e certamente non possono limitarsi al possibile disturbo delle specie di interesse venatorio, perché la norma di riferimento non lo prevede. Quindi il Piano prevede gli abbattimenti senza aver prima imposto la sospensione dell’immissione di fagiani e lepri di allevamento che, appena rilasciati in natura, proprio perché allevati in cattività, risultano dotati di scarsa capacità di difesa nei confronti dei predatori. In pratica prima viene pagato il cibo alle volpi e poi si fanno abbattere. E questo senza sapere quale sia la consistenza della popolazione di volpi nelle zone interessate e senza neppur avere preventivamente verificato il reale impatto della volpe su tali specie, come viene ammesso dall'ISPRA: “Sì prende altresì atto dell'assenza di dati pregressi circa la presenza e la consistenza della volpe e delle specie di interesse venatorio nel territorio dell'ATC-LT2”.
Il Piano prevede di procedere ad abbattimenti senza che siano stati messi in atto metodi ecologici di contenimento, come richiede esplicitamente la legge nazionale 11 febbraio 1992, n. 157 nell'art. 19 comma 2, nel caso in cui ci si trovi in presenza di un eventuale squilibrio ecologico. Inoltre, il metodo della caccia in tana è particolarmente cruento perché prevede la distruzione delle tane dove in primavera si rifugiano le madri con i piccoli e inoltre può danneggiare anche specie protette come il tasso e l’istrice ma anche molte specie di altri mammiferi e di uccelli. Infine la modalità della caccia in tana è e sarà osteggiata dai cittadini in quanto vi possono essere risvolti anche per la violazione della legge 189 del 2004 (Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali).
Le associazioni ambientaliste chiedono agli enti in indirizzo:
FIRMATARI
Paola Marcoccia, delegato ambientalista nell'assemblea dell'ATC-LT2 (Legambiente“Serra Andresone” Monte San Biagio) - [email protected]
Marcello Rosario Caliman, delegato ambientalista nell'assemblea dell'ATC-LT2 (Italia Nostra Golfo di Gaeta) - [email protected]
ENPA (Ente Nazionale Protezione Animali) - [email protected]
Piano di controllo della volpe ATC-LT2: gli ambientalisti chiedono la sospensione del piano
I delegati ambientalisti dell'assemblea dell'ATC-LT2 Paola Marcoccia (Legambiente “Serra Andresone” Monte San Biagio) e Marcello Rosario Caliman (Sezione di Italia Nostra Golfo di Gaeta ) e con il sostegno dell'ENPA (Ente Nazionale Protezione Animali), manifestano tutta la loro contrarietà al “Piano triennale 2018-2020 di controllo delle volpi” adottato dall'ATC-LT2. Le associazioni invieranno una lettera al Presidente della Regione Lazio, all'Assessore Agricoltura, Caccia e Pesca della Regione Lazio, all'ATC-LT2 (ambito territoriale di caccia) e all'ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) in cui evidenzieranno dettagliatamente tutti gli aspetti contrastanti con la legge e con la corretta gestione faunistica .
Il piano è attuato esclusivamente all’interno delle Aree di Rispetto Venatorio (ARV) e ha ricevuto il parere favorevole dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA). È importante sottolineare che il parere dell'ISPRA non può comunque mai sostituirsi alla Legge n.157 del 1992.
Nel Piano si dice che la caccia alla volpe è consentita nei mesi di gennaio, febbraio e marzo, in orario crepuscolare o notturno, con l’impiego del faro. Inoltre, nei mesi di aprile, maggio, giugno, luglio ed agosto, qualora gli interventi adottati non abbiano raggiunto concreti obiettivi e si sia constatata un’eventuale presenza di volpi con piccoli, si potranno attuare interventi sulla tana con l’impiego di cani specializzati. Si tratta di un'attività fortemente impattante per la fauna selvatica, poiché causerebbe un grave e prolungato disturbo biologico alle specie selvatiche impegnate nella fase di riproduzione, periodo tutelato dalle norme nazionali e dalla Direttiva Europea Uccelli.
La volpe è un predatore onnivoro estremamente adattabile, di cui attualmente è consentita la caccia dalla terza domenica di settembre al 31 gennaio (Art. 18 della Legge11 febbraio 1992, n. 157): che motivo c'è di cacciarle ulteriormente prolungando in questo modo, di fatto, la stagione venatoria?
La volpe fa parte della fauna selvatica che da sempre abita i nostri ambienti e risulta evidente che lo scopo del Piano non rientri tra quelli normativamente previsti (art 19 comma 2 della 157/92), bensì quello di eliminare un antagonista per l'avifauna di “Interesse venatorio” (fagiani e lepri immessi artificialmente sul territorio). I danni causati dalla volpe devono essere chiaramente comprovati e certamente non possono limitarsi al possibile disturbo delle specie di interesse venatorio, perché la norma di riferimento non lo prevede. Quindi il Piano prevede gli abbattimenti senza aver prima imposto la sospensione dell’immissione di fagiani e lepri di allevamento che, appena rilasciati in natura, proprio perché allevati in cattività, risultano dotati di scarsa capacità di difesa nei confronti dei predatori. In pratica prima viene pagato il cibo alle volpi e poi si fanno abbattere. E questo senza sapere quale sia la consistenza della popolazione di volpi nelle zone interessate e senza neppur avere preventivamente verificato il reale impatto della volpe su tali specie, come viene ammesso dall'ISPRA: “Sì prende altresì atto dell'assenza di dati pregressi circa la presenza e la consistenza della volpe e delle specie di interesse venatorio nel territorio dell'ATC-LT2”.
Il Piano prevede di procedere ad abbattimenti senza che siano stati messi in atto metodi ecologici di contenimento, come richiede esplicitamente la legge nazionale 11 febbraio 1992, n. 157 nell'art. 19 comma 2, nel caso in cui ci si trovi in presenza di un eventuale squilibrio ecologico. Inoltre, il metodo della caccia in tana è particolarmente cruento perché prevede la distruzione delle tane dove in primavera si rifugiano le madri con i piccoli e inoltre può danneggiare anche specie protette come il tasso e l’istrice ma anche molte specie di altri mammiferi e di uccelli. Infine la modalità della caccia in tana è e sarà osteggiata dai cittadini in quanto vi possono essere risvolti anche per la violazione della legge 189 del 2004 (Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali).
Le associazioni ambientaliste chiedono agli enti in indirizzo:
- la sospensione del Piano di controllo da gennaio ad agosto;
- di fornire i dati degli abbattimenti di volpe durante le ultime tre stagioni di caccia, con particolare riguardo ai territori ricompresi nelle ARV di interesse;
- la verifica dei danni ipoteticamente causati dalla Volpe;
- di colmare la lacuna dei dati pregressi sulla presenza e consistenza della volpe;
- di applicare i metodi ecologici e la successiva verifica.
FIRMATARI
Paola Marcoccia, delegato ambientalista nell'assemblea dell'ATC-LT2 (Legambiente“Serra Andresone” Monte San Biagio) - [email protected]
Marcello Rosario Caliman, delegato ambientalista nell'assemblea dell'ATC-LT2 (Italia Nostra Golfo di Gaeta) - [email protected]
ENPA (Ente Nazionale Protezione Animali) - [email protected]
legambiente_italia_nostra_enpa_-_lettera_piano_di_controllo_della_volpe_atc-lt2_ispra__regione.pdf | |
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Caccia nei fondi privati
Diversi proprietari di un fondo ci chiedono come possono impedire(giustamente) ai cacciatori di entrare liberamente nel proprio fondo privato.
L'articolo 842 del Codice civile dice: "Il proprietario di un fondo non può impedire che vi si entri per l'esercizio della caccia, a meno che il fondo sia chiuso nei modi stabiliti dalla legge sulla caccia o vi siano colture in atto suscettibili di danno. Egli può sempre opporsi a chi non è munito della licenza rilasciata dall'autorità."
La Legge 157/92 per la protezione della fauna selvatica stabilisce il divieto d’ingresso nei fondi, purché questi siano recintati per tutto il loro perimetro con una rete metallica, o un muro, di altezza non inferiore a mt 1.20, oppure delimitati da corsi d’acqua perenni il cui letto deve essere fondo almeno 1.50 mt e largo non meno di 3 metri. In base alle disposizioni della Legge 157/1992 e dell’art. 842 del Codice Civile, risulta così garantita soltanto la proprietà di quei cittadini che possano permettersi costose recinzioni.
Si tratta di una palese violazione del principio di uguaglianza dei cittadini, sancito dalla Costituzione, che devono godere degli stessi diritti davanti alla legge (art. 3) e devono vedere assicurato il loro diritto alla proprietà privata riconosciuta e garantita dalla Costituzione in maniera esclusiva (art. 42).
La legge prevede però che il proprietario o il conduttore che desideri escludere il suo fondo dalla programmazione venatoria senza doverlo recintare, possa farlo secondo precise modalità e tempi previsti dalle Regioni di appartenenza: il proprietario o conduttore deve inoltrare, entro 30gg dalla pubblicazione del piano faunistico venatorio , al presidente della giunta regionale una richiesta motivata che viene esaminata nel termine di 60gg.
La Regione demanda solitamente all'autorità provinciale la competenza dei Piani territoriali di caccia, quindi il proprietario o conduttore del fondo che si vuole sottrarre all'attività venatoria deve rivolgere la propria istanza alla Provincia di appartenenza.
Perché la richiesta possa essere accolta essa non deve contrastare con la pianificazione territoriale ai fini venatori, oppure deve rientrare in uno dei casi specificamente individuati con norme regionali.
Tra questi casi si considera il contrasto tra l’attività venatoria e l’esigenza di salvaguardia di colture specializzate, siano esse condotte con sistemi sperimentali o a fine di ricerca scientifica, ovvero quando siano motivo di danno ad attività di rilevante interesse economico, sociale o ambientale.
Se accolta la richiesta, non sarà possibile svolgere attività venatoria su tutto il fondo in questione e tale divieto sarà evidenziato con l’apposizione di tabelle, a cura del proprietario, che delimitano il perimetro dell’area interessata.
L'articolo 842 del Codice civile dice: "Il proprietario di un fondo non può impedire che vi si entri per l'esercizio della caccia, a meno che il fondo sia chiuso nei modi stabiliti dalla legge sulla caccia o vi siano colture in atto suscettibili di danno. Egli può sempre opporsi a chi non è munito della licenza rilasciata dall'autorità."
La Legge 157/92 per la protezione della fauna selvatica stabilisce il divieto d’ingresso nei fondi, purché questi siano recintati per tutto il loro perimetro con una rete metallica, o un muro, di altezza non inferiore a mt 1.20, oppure delimitati da corsi d’acqua perenni il cui letto deve essere fondo almeno 1.50 mt e largo non meno di 3 metri. In base alle disposizioni della Legge 157/1992 e dell’art. 842 del Codice Civile, risulta così garantita soltanto la proprietà di quei cittadini che possano permettersi costose recinzioni.
Si tratta di una palese violazione del principio di uguaglianza dei cittadini, sancito dalla Costituzione, che devono godere degli stessi diritti davanti alla legge (art. 3) e devono vedere assicurato il loro diritto alla proprietà privata riconosciuta e garantita dalla Costituzione in maniera esclusiva (art. 42).
La legge prevede però che il proprietario o il conduttore che desideri escludere il suo fondo dalla programmazione venatoria senza doverlo recintare, possa farlo secondo precise modalità e tempi previsti dalle Regioni di appartenenza: il proprietario o conduttore deve inoltrare, entro 30gg dalla pubblicazione del piano faunistico venatorio , al presidente della giunta regionale una richiesta motivata che viene esaminata nel termine di 60gg.
La Regione demanda solitamente all'autorità provinciale la competenza dei Piani territoriali di caccia, quindi il proprietario o conduttore del fondo che si vuole sottrarre all'attività venatoria deve rivolgere la propria istanza alla Provincia di appartenenza.
Perché la richiesta possa essere accolta essa non deve contrastare con la pianificazione territoriale ai fini venatori, oppure deve rientrare in uno dei casi specificamente individuati con norme regionali.
Tra questi casi si considera il contrasto tra l’attività venatoria e l’esigenza di salvaguardia di colture specializzate, siano esse condotte con sistemi sperimentali o a fine di ricerca scientifica, ovvero quando siano motivo di danno ad attività di rilevante interesse economico, sociale o ambientale.
Se accolta la richiesta, non sarà possibile svolgere attività venatoria su tutto il fondo in questione e tale divieto sarà evidenziato con l’apposizione di tabelle, a cura del proprietario, che delimitano il perimetro dell’area interessata.
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Lettera indirizzata al Direttivo dell'ATC/LT2 sul rinvio dell’apertura della stagione di caccia
Al Presidente
Ai Componenti del Consiglio Direttivo
Dell’ATC/LT2
Il Tar del Lazio ha accolto il ricorso presentato dal Wwf Lazio e ha sospeso la pre-apertura della stagione venatoria nella regione. L’estate appena trascorsa è stata infatti particolarmente siccitosa ed ha causato l'impoverimento delle risorse idriche superficiali mentre migliaia di ettari di bosco sono andati in fumo. Tutti fattori che hanno messo in condizione di serio stress gli ecosistemi. Vista la situazione molto critica della fauna e della vegetazione si dovrebbe valutare di rinviare anche l’apertura della caccia e di limitare per alcune specie il periodo venatorio e per altre e il divieto di caccia.
A supporto di questa richiesta ricordo anche il documento ISPRA del 23 agosto 2012, che certifica in modo scientifico e preciso i danni della siccità su molte specie nell’immediato e a lungo termine. Gli effetti negativi sugli animali riguardano la riduzione del cibo a disposizione e degli habitat disponibili e lo stress fisico, che può influire sulla riproduzione e aumentare il tasso di mortalità degli esemplari giovani e adulti. L'ISPRA suggerisce quattro misure: sospensione dell’autorizzazione all’allevamento e all’addestramento dei cani fino a quando le condizioni meteo non miglioreranno; niente caccia da appostamento fino al termine della crisi idrica, >; posticipo per la caccia agli anatidi e agli altri uccelli di palude. Si suggerisce anche di valutare caso per casoeventuali misure per limitare >.
Anche il Direttivo dell'ATC LT/2 dovrebbe chiedere il posticipo dell’apertura della caccia, fino a che non saranno verificate le criticità presenti sul territorio e adottati eventuali provvedimenti restrittivi. L’ATC LT/2 dovrebbe chiedere un incontro urgente alla Provincia per discutere della questione.
Occorre anche prendere provvedimenti necessari per quanto riguarda la questione delle aree percorse dal fuoco, ad esempio vietando la caccia anche nelle aree limitrofe ai terreni interessati che hanno subito già un forte stress. Infatti, a farne le spese sono soprattutto i mammiferi selvatici (oltre agli uccelli, gli anfibi, i rettili, gli insetti e tutta la fauna terricola) che perdono i siti di allevamento della prole, il cibo e i rifugi e vedono morire individui giovani e appartenenti a specie più vulnerabili.
E' mia intenzione portare le richieste formulate nella prima riunione utile del direttivo dell'ATC LT/2 e chiedere una presa di posizione sulla questione.
Monte San Biagio 03/09/2012
Consigliere - Legambiente
Paola Marcoccia
Latina oggi - 11 settembre 2012
M.S. BIAGIO
Caccia,
l’Atc
replica
a Marcoccia
DOPO l’appello lanciato
negli scorsi giorni dal presidente
del circolo Legambiente
di Monte San Biagio,
Paola Marcoccia, inerentemente
la posticipazione
dell’apertura della stagione
di caccia a causa delle condizioni
critiche in cui si trovano
attualmente le aree boschive
interessate, il portavoce
dell’Atc Lt2 ha
replicato nella giornata di
ieri ponendo all’attenzione
della sezione di Legambiente
in questione una serie
di considerazioni. A
fronte di un voto democraticamente
espresso dal consiglio
direttivo, pur tenendo
conto dell’appello avanzato
da Legambiente, l’o rga n o
collegiale ha nondimeno
bocciato la proposta del
presidente dell’associazio -
ne di Monte San Biagio
Paola Marcoccia, preferen-do portare avanti progetti di
altra natura, come la chiusura
della stagione della caccia
del fagiano il 31 dicembre,
o il rinvigorimento
dell’ecosistema-bosco così
da poter avere, tra qualche
anno, una quantità di selvaggina
superiore agli animali
di allevamento nel territorio.
Non soltanto una
questione di introiti insomma,
ma un piano che vede
d’accordo tutte le associazioni
venatorie coinvolte
anche perchè pensato a norma
di legge (non si caccerà,
come previsto dalla legge
157/92, nell’area recentemente
interessata da incendi)
in linea col decreto con
cui la Regione Lazio ha sottolineato
la sua volontà di
prendere autonomamente le
proprie decisioni in materia
di caccia, non allineandosi
alle note di recente espresse
dall’Ispra in materia. Sarà
dunque alla luce di queste
considerazioni che « l’Atc
Lt2 procederà lavorando a
realizzare le migliori sinergie
tra le componenti statutarie:
cacciatori, agricoltori,
ambientalisti e rappresentanti
degli enti locali».